Non è semplice comprendere e prevedere gli effetti della crisi economica nella quale l’Italia è immersa ormai da anni. Certamente ci sono però alcuni indizi preoccupanti, che indicano come le ricette applicate finora per risollevare il paese potrebbero avere conseguenze gravi e irreversibili per il futuro della nostra società. Tra questi, il trasferimento della gestione dei “beni comuni” a imprese private legate solamente a logiche di profitto, che facendosi forti di concetti quali efficienza, economicità e libero mercato, nascondono insidie per il nostro futuro.
Il caso della gestione delle risorse idriche è particolarmente significativo e rilevante.
Significativo, perché la volontà popolare si è espressa, con i referendum del giugno 2011, per l’abrogazione di norme che facilitavano un utilizzo economico dell’acqua: circa 26 milioni di italiani hanno votato affinché l’approvvigionamento e la gestione delle risorse idriche fossero preservate dalle logiche del mercato e della liberalizzazione.
Rilevante perché in molti indicano l’acqua come il prossimo bene prezioso e raro della Terra, il cui controllo sarà l’oggetto dei conflitti e delle guerre che verranno.
Per questi motivi, le campagne in difesa dell’acqua come bene pubblico sono fondamentali ed hanno un’importanza di cui forse ancora non siamo completamente consapevoli.
Per capire come potrebbe essere il futuro di un paese in cui i diritti di sfruttamento dell’acqua sono privatizzati, è utile osservare il caso del Cile. Un paese lontano e piccolo ma significativo, visto che sotto la dittatura di Pinochet è stato trasformato in un vero e proprio “laboratorio” del neoliberismo più estremo, azzerando concetti quali bene comune, servizio pubblico, solidarietà sociale, e creando le condizioni per un assalto senza freni alle risorse economiche e naturali del paese da parte dei capitali di tutto il mondo.
In particolare, nel 1981 Pinochet privatizzò la quasi totalità delle risorse idriche del paese. Nei trent'anni successivi i diritti per lo sfruttamento dell'acqua sono stati ceduti a imprese nazionali e multinazionali interessate a produrre energia idroelettrica. Senza tener conto dei diritti delle popolazioni residenti, dei danni irreversibili all’ambiente ed all’agricoltura, e del rispetto delle culture ancestrali, sono già state costruite (o sono in fase di progettazione) immense dighe e opere idrauliche che stravolgeranno la geografia e la cultura di territori vastissimi.
Un bel documentario di Stefano e Mario Martone, dal titolo Lucciole per lanterne, presenta la realtà ed il processo in corso,ed è visibile, fino a domenica 3 novembre, a questo link: http://www.viaemiliadocfest.tv/dett.php?par=84&definiz=0&titolo=Lucciole-per-lanterne.html
La visione è possibile grazie al ViaEmiliaDocFest, primo festival online del cinema documentario.
Per noi italiani, la lontana Patagonia e lo sfruttamento delle sue risorse presenterà, a chi vorrà vedere il documentario, una (sgradita) sorpresa. Dietro questi enormi investimenti, che potrebbero distruggere uno degli angoli incontaminati del nostro pianeta, si nasconde un’azienda che conosciamo bene.
Buona visione!
Francesco Pulejo
Ps. per saperne di più visita il sito http://patagoniasenzadighe.org