La cultura. Una fonte, una dimora, una meta.
Memoria, presenza e, continuamente, destinazione.
La cultura è la cucina delle nostre madri. È l'abito della festa nei paesi del sud, del centro e del nord. Il modo di toccarsi i calici e gli occhi per brindare agli eventi. È ogni nome dialettale con cui si chiamano i bambini: bocia, picciriddu, criatur, mammucc.... Ed è ogni nome che un bambino straniero ha pronunciato e che non abbiamo riconosciuto.
È la lingua madre ed è la lingua che apprenderemo, di un'altra madre lontana migliaia di miglia, che non è stata la nostra.
La cultura è nei filari di viti, nelle colline basse di ulivi, nelle pianure di riso e mais. Nei disegni ordinati con cui i confini dei campi solcano le terre dei nostri paesaggi.
La cultura è il sapere depositato nelle nostre biblioteche ed è l'insieme di donne e di uomini che ogni giorno, strenuamente, tornano a interrogarlo. È il lavoro di laboratorio, quello di cantiere, quello della terra, all'alba, che semina, irrìga e raccoglie. Ed è quello della scuola, che pure, dall'alba di ogni giorno, semina, irrìga e raccoglie.
La cultura è la vita contemplativa ed è la vita attiva. Quella che pensa, quella che crea, quella che produce. È la ricerca pura e quella applicata. È l'innovazione, la perizia e l'ingegno che fanno dell'artigianato e del design 'made in Italy' una promessa di qualità e di bellezza.
La cultura è il Tempio della Concordia a Roma, è la Cappella degli Scrovegni ed è l'ex macello. È il Duomo di Milano, la Tomba di Antenore e la 'piazza' degli spritz.
È la conferenza sui quanti, la prima alla Scala, Fellini al Torresino e la lezione su Dante alle matricole del Maldura. Ma è, ugualmente è, il concerto funky al fishmarket, il tributo ai Pink Floyd nella fabbrica dismessa, il jazz al Pedrocchi e il jazz in periferia.
Non solo. Non solo. La cultura è fatta di 'non solo'. Perché la cultura tanto è quello che sappiamo quanto è quello che non sappiamo di essere e di diventare.
La cultura non è solo il dipinto che ci sta davanti in un museo, ma l'occhio con cui lo guardiamo. E pure l'occhio del turista giapponese che lo guarda diversamente da noi.
Non solo il verso che ci chiama da una poesia di Ungaretti, ma l'animo con cui lo riconosciamo. E pure l'animo dello studente ghanese che lo riconosce diversamente da noi.
Non solo il canto composto con perizia di maestri, ma la voce con cui, all'infinito, lo ripetiamo, e ancora la voce di chi, musulmano, cristiano ortodosso, ebreo o buddhista, lo ripete per la prima volta diversamente da noi.
Non solo il vino che i colli versano nei nostri calici, ma i mille palati che lo assaporano, quelli cresciuti a birra, quelli cresciuti a bordeaux e quelli cresciuti a saké.
Allora, cultura cos'è?
Cultura è la trama degli eventi, dei riti, delle abitudini, il processo delle guerre e delle paci, il farsi delle arti, delle scienze e delle religioni. È la storia dell'Europa, titano d'Occidente, ed è la storia dei popoli che Occidente non sono, ma senza i quali nessun Occidente si potrebbe chiamare così. Gli Occidenti sono Occidenti solo rispetto agli Orienti, e sono un centro solo rispetto a una periferia che è stata ed è ridiventata centro a sua volta.
Cultura sarà, allora, nell'arte che ci circonda e in quella che ignoriamo. Nella via che percorriamo e in quella che non abbiamo scelto. Sarà sotto i portici e lungo gli argini. In campagna e in zona industriale. Sarà la cultura d'élite e la cultura popolare, dei centri storici e delle periferie.
Cultura è il Luogo ed è il Tempo che ci è passato dentro, lasciandoci tracce, segni, simboli, crepe e piaghe, oscurità e luci. Un tempo pieno di fatti.
La cultura è la rete dei luoghi in cui progettare i fatti umani: la parola, la musica, la danza, il gesto, la tecnica, l'immagine, il gusto, l'accoglienza, il rito.
Allora.
Non vogliamo una cultura nuova o diversa. Perché non c'è una cultura nuova o diversa. C'è la cultura. E vogliamo semplicemente che la cultura cominci a diventare ciò che da sempre è.
Memoria, presenza e destinazione.
Vogliamo che la cultura venga sottratta all'effimero, al consumo, alla strumentalizzazione, al sensazionalismo, all'alienazione, all'indifferenza, al qualunquismo.
Questa cultura 'che è', che 'siamo', esige consapevolezza, responsabilità, capacità di visione e di approfondimento, esige la fatica del pensare e del fare, esige partecipazione. Ed esige progettualità.
La cultura non è memoria e non è presenza se non è contemporaneamente destinazione, perché non c'è realtà senza infanzia e senza progetto. Non c'è nessun adesso senza una terra sotto i piedi e senza gli occhi rivolti verso l'unica direzione possibile, l'avanti.
Un documento scritto dal Gruppo Cultura di Padova 2020 che vuole essere un punto di partenza per elaborare delle proposte in materia di politiche culturali per la città.