L’obiettivo è favorire la nascita di nuove imprese e sostenere le imprese in difficoltà o in fase di rilancio o ristrutturazione. Il Comune è promotore e parte attiva dello sviluppo economico del territorio e deve avere un ruolo maggiore in questo. Mobilita tutte le risorse umane, finanziarie, di capitale (immobili e spazi pubblici) e tecniche presenti sul territorio al fine di sostenere il tessuto produttivo locale (imprese).
Nel farlo lo strumento dell’Unità di progetto è efficace.
In particolare va incoraggiata la riconversione delle imprese verso i settori della nuova economia che saranno trainanti (green economy, filiera del riciclo, export macchinari, information technology e applicazioni web, manifatturiero di qualità e a km zero, artigianato, filiera dell’economia del bene comune e dell’economia sociale, assistenza alla persona, turismo 2.0, manutenzione e riparazione, agricoltura bio e relativo indotto, made in Italy, biomateriali, edilizia a consumo quasi zero, ricerca e sviluppo, etc..).
La crisi infatti sta trasformando i modelli di consumo e le abitudini dei cittadini. Pur in un momento di crescita negativa sono numerosi i settori in controtendenza destinati ad esserlo anche in futuro. E’ su quelli che bisogna puntare creando un ambiente favorevole.
Su 100 posti di lavoro oggi disponibili infatti almeno 70 in un futuro non lontano saranno di diversa tipologia, se vogliamo mantenere occupazione nella nostra città va pertanto accelerata la riconversione economica e produttiva verso i settori più dinamici e con prospettive di sviluppo più promettenti.
Proposte:
Il Comune crea di una Unità di Progetto per l’Impresa composto da un Nucleo Operativo per sostenere le imprese in difficoltà, che vogliono rilanciarsi o aprire nuovi business.
Il nucleo operativo è composto da un gruppo di persone qualificate (manager, tecnici, finanziari, esperti di ‘nuova economia’ e di ‘green economy’,….) che intervengono in affiancamento alle aziende prestando la loro esperienza diretta alle imprese in affiancamento e al sostegno di progetti di ristrutturazione riorganizzazione, rilancio aziendale.
Il Comune sostiene, indirizza e coordina i progetti del Nucleo Operativo per l’Impresa nella ricerca dei finanziamenti necessari.
Il Comune coordina e canalizza sui progetti le iniziative di Enti e Istituzioni (Camera di Commercio, Confindustria, Parchi Tecnologici, Associazione Artigiani, Università) che già abbiano messo in cantiere programmi a sostegno dello sviluppo economico e tecnologico delle imprese (programmi formativi, di ricerca, brevetti).
I professionisti del nucleo operativo prestano la loro opera gratuitamente secondo i principi del volontariato professionale (ad esempio promosso in Italia dall’associazione ‘Agenti dello sviluppo locale’ e in USA da ‘SCORE, Senior Corps of Retired Executives’, un’organizzazione no profit di 13.000 professionisti che aiutano le piccole imprese a nascere e svilupparsi).
Sono decine i manager a Padova in pensione o che non lavorano più e in questa fase di crisi sempre più figure di questo tipo potrebbero decidere di prestare forme di volontariato altamente professionale e specializzato.
Esempi:
USA: www.score.org
Associazione agenti dello sviluppo locale: www.agensviluppo.org/MainPage.aspx
Con la Legge di Stabilità si è dato il via all’adozione di progetti di sperimentazione per una strategia di modernizzazione e di conciliazione lavoro-vita privata anche negli Enti Locali e nella PA.
Con il lavoro a distanza nelle sue varie forme (smart working, telelavoro domiciliare, mobile working), il Comune può risolvere i disagi e i costi di un diffuso pendolarismo e di problematiche legate alla mancata attuazione di politiche di tempi e orari consone alle esigenze, ad esempio per i genitori di figli piccoli.
Il telelavoro, anche applicato alla Pubblica Amministrazione, ha come obiettivi: il miglioramento dell’ efficienza e della produttività (come incentivo alle nuove forme di flessibilità dei lavoratori); l’incremento del livello di soddisfazione e della qualità della vita dei lavoratori; la creazione di nuove opportunità di lavoro per i disabili, per coloro che hanno problemi di mobilità; il supporto alla maternità, consentendo maggiori possibilità di presidio familiare.
Proposte:
Sperimentazione della durata di un anno su un numero definito e in ampliamento di postazioni di tele-worker (laddove le mansioni lavorative lo consentono), coinvolgendo i dipendenti dell’Ente che espressamente lo richiedono (su base volontaria).
Esempi:
Comune di Vigevano:
http://www.comune.vigevano.pv.it/archivio-temporaneo-contenuti/comunicati-stampa/5-febbraio-avvio-telelavoro/view
Comune di Rimini: http://www.comune.rimini.it/binary/comune_rimini/atti_regolamenti/TELELAVORO.1318406072.pdf
Al centro del nostro programma c’è la necessità di avviare la transizione verso un nuovo modello economico come unica chance che abbiamo per uscire dalla crisi. Il modello attuale si è definitivamente infranto con la crisi economica iniziata nel 2007 e di cui ancora non si scorge la fine.
In Europa una delle esperienza più importanti, conosciute ed efficaci di transizione applicate alle imprese e alle istituzione pubbliche è quella avviata dal Terra Institute in Austria, Germania, Svizzera, Alto-Adige, e si basa sul concetto di ‘Economia del Bene Comune’.
L'economia del bene comune (EBC) definisce un sistema economico alternativo, basato sui valori che sostengono il bene comune. L'economia del bene comune rappresenta una leva e uno strumento per il cambiamento in ambito economico, politico e sociale – un ponte dal sistema vecchio a un sistema nuovo.
Parte centrale dell'Economia del Bene Comune è il bilancio di una impresa o di una istituzione pubblica concepito in maniera innovativa, bilancio che deve rendere misurabile (con 17 indicatori) quanto l’impresa o l’ente contribuisce alla società. I 17 indicatori misurati sono: gestione etica delle forniture, gestione etica delle finanze, qualità del posto di lavoro, suddivisione equa del carico di lavoro, comportamenti ecologici, ripartizione equa del reddito, democrazia e trasparenza all’interno dell’azienda, vendita etica, solidarietà con le imprese partner, configurazione ecologica e solidale di prodotti e servizi, innalzamento degli standard sociali e ambientali, ripercussioni dell’impresa sulla società, contributi in favore della collettività, riduzione dell’impatto ambientale, riduzione al minimo della ripartizione, trasparenza e cogestione.
A livello politico istituzionale il progetto “Val Venosta Regione del Bene Comune” è stato avviato in Val Venosta (Merano), ed è portato avanti da 13 Sindaci locali tra cui Merano. Il progetto prevede: redazione del bilancio del Bene Comune per ogni Comune, stimolo alle imprese alla redazione essi stessi del bilancio EBC, ridefinizione dei criteri di acquisto della Pubblica Amministrazione per migliorare gli indicatori del bilancio EBC, revisione dei criteri per le agevolazioni alle imprese secondo i principi del Bene Comune, attuazione di processi partecipativi che coinvolgono i cittadini, studio per la possibilità di introduzione di una moneta locale integrativa all’Euro a supporto di circuiti di economia locale.
Proposte:
Istituire il progetto “Economia del Bene Comune a Padova” che comprenda: bilancio del Bene Comune del Comune di Padova; (in base agli indicatori di tale bilancio) revisione dei meccanismi di acquisto del Comune e azioni migliorative; invito alle imprese e associazioni del territorio di dotarsi di un bilancio del Bene Comune; revisione dei meccanismi di incentivo a imprese e associazioni che tenga conto dei loro bilanci Bene Comune; coinvolgimento dei Comuni limitrofi per creare un’ ‘Area del Bene Comune’ in provincia di Padova; coinvolgimento dell’Università di Padova nell’attuazione dell’iniziativa, in particolare la Facoltà di Economia.
Un progetto di questo tipo incentiva tutto il sistema istituzionale ed economico ad aprirsi alla cooperazione e al sostegno reciproco, favorendo le ricadute sull’intera collettività delle attività degli enti pubblici e delle imprese.
Esempi:
Presentazione su Economia del Bene Comune: http://www.retecosol.org/docs/2013_Novacella_EconomiaBeneComune.pdf
Avvio “Val Venosta Regione del Bene Comune”: http://www.christian-felber.at/vortraege/vinschgau.pdf
Almeno l’80% delle merci consumate dai padovani è prodotta in fabbriche lontane centinaia o migliaia di km dal nostro territorio. La percentuale è in aumento. Questo trend, assieme al calo dei consumi e alla crisi del credito, ha fatto chiudere centinaia di imprese manifatturiere nel territorio padovano e in particolare nella ZIP, la Zona Industriale di Padova.
Non c’è rilancio del manifatturiero e non c’è occupazione se non si inverte questa tendenza alla delocalizzazione e non si ricomincia a produrre localmente quote più consistenti delle merci consumate a Padova.
L’export (anch’esso in sofferenza, seppur minore) non è sufficiente da solo a mantenere occupazione o creare nuovi posti di lavoro.
Nel perdere aziende, competenze, saper fare e addetti nel manifatturiero si è innescato un circuito vizioso tale per cui un territorio laborioso come Padova e il Veneto sta via via perdendo la capacità di produrre beni.
Il ‘km zero’ si è già diffuso velocemente per prodotti agricoli alimentari e sta dando ossigeno al settore agricolo che è in espansione in controtendenza rispetto alla crisi.
E’ urgente e strategico estendere il km zero a tante altre categorie di prodotti: tessile, prodotti per la casa, casalinghi, calzature e altro ancora.
Un marchio ‘Made in Padova’ è una soluzione a costo praticamente zero, semplice, facilmente comunicabile che responsabilizza e coinvolge i cittadini e consente loro di scegliere tra prodotti di provenienza sconosciuta (e di qualità spesso non provata) e prodotti fatti a Padova, magari con il lavoro di un familiare, di un conoscente, di un amico.
Attorno al marchio ‘Made in Padova’ una comunità può decidere solidalmente di riattivare circuiti di economia locale virtuosi e di spezzare la tendenza al declino che sta portando migliaia di nostri cittadini all’estero (dal 2011 a fine 2013 saranno 20.000, dati dell’Anagrafe).
Attraverso un marchio riconoscibile come ‘Made in Padova’ è possibile contribuire alla salvaguardia del lavoro di persone direttamente conosciute e di aiutare in prima persona la propria comunità, i propri familiari, i propri conoscenti.
Tutto questo serve anche a rinforzare e ripristinare legami sociali più forti, serve a rifare comunità.
Proposte:
Creazione e promozione di un marchio ‘Made in Padova’ e creazione con esso di filiere di produzione-commercio-consumo a km zero allo scopo di generare nuova occupazione e nuova impresa soprattutto nel settore manifatturiero.
Il Comune di Padova promuove, coordina e governa il progetto.
Con una forte campagna di sensibilizzazione che coinvolga Amministrazione, sindacati, associazioni industriali e artigiane, con uno strumento semplice, riconoscibile, comprensibile e potenzialmente ‘virale’ come il marchio ‘Made in Padova’ e con la collaborazione di tutta la comunità, i prodotti ‘Made in Padova’ possono raggiungere quote di mercato consistenti e generare migliaia di posti di lavoro nel manifatturiero e nel commercio.
Le nuove aziende o i nuovi stabilimenti produttivi (ad esempio da aziende che negli ultimi anni hanno delocalizzato), senza consumare nuovo territorio, hanno già pronta un’area più che sufficiente e fortemente servita da tutti i servizi - la Zona Industriale - pronta ad ospitarle essendo ormai piena di capannoni e di aree vuote e abbandonate.
La ‘ZIP 2.0’ può così tornare ad avere un ruolo propulsivo e una nuova vocazione per il benessere dell’intera città.
Per la riuscita del progetto i requisiti per ottenere il marchio ‘Made in Padova’, specifici per ogni categoria merceologica, devono essere rigorosamente definiti (dagli ortaggi alla frutta, dal tessile alle calzature, dai detersivi ai prodotti per la casa, a decine di altre tipologie di prodotto) affinché il marchio sia reale certificazione della produzione locale.
Il marchio va concesso ai prodotti realizzati nel Comune e nella Provincia di Padova e con questo la città può avere un ruolo di traino per tutte le aree manifatturiere della nostra provincia.
Dalla produzione, la filiera va completata coinvolgendo il settore del commercio. L’introduzione di una moneta complementare, come descritto nel Capitolo su ‘Commercio e Turismo’, in sinergia con il marchio ‘Made in Padova’, può accelerare la nascita di filiere produzione-commercio-consumo a km zero nella nostra città e provincia.
Le competenze per il progetto a Padova ci sono già. A Padova c’è la sede nazionale di Fairtrade Italia che possiede tutte le competenze tecniche per la gestione dei marchi ‘equi e solidali’.
Quanto più i padovani compreranno prodotti marchiati “Padova km 0” tanto più sosterranno concretamente l’occupazione locale con un circuito virtuoso che può incidere sulla disoccupazione e sull’emigrazione dei nostri giovani all’estero.
Filiere a km zero inoltre riducono il traffico di merci da fuori, l’inquinamento dei TIR, il consumo di energia e il traffico. Stiamo parlando di evitare il trasporto di tonnellate e tonnellate di merci prodotte, assemblate, confezionate, lavorate a centinaia, migliaia di km di distanza da Padova.
Con questo progetto si da ai cittadini, per i quali il lavoro è il primo problema, la possibilità di agire in prima persona concretamente con le loro scelte di consumo per fare qualcosa, per il bene sia della propria comunità che direttamente dei propri familiari, parenti, amici, vicini di casa e conoscenti.
Nel produrre e consumare localmente anche il lavoro si riappropria di senso (la perdita di senso sul lavoro è una delle fonti maggiori di stress), dal momento che si produce un bene che verrà consumato dentro la stessa comunità dove viene prodotto, magari addirittura dai propri familiari.
Benefici:
più produzione locale = più posti di lavoro locale = più aziende locali = essere meno esposti alle turbolenze della globalizzazione;
migliaia di camion che trasportano merci da lontano fin dentro la nostra città non serviranno più, risparmiando energia ed emissioni di CO2, riducendo l’inquinamento dell’aria;
meno traffico renderà inutili ulteriori strade e altro consumo di territorio (il Grande Raccordo Anulare di Padova, la camionabile, per esempio);
maggior consumo di prodotti a km0 = minor bisogno di imballaggi = diminuzione dei rifiuti;
prodotti locali= prodotti più sani= ridurre e controllare più facilmente i rischi da sofisticazioni alimentari o di prodotti tossici e non conformi;
favorendo il legame produzione-commercio-consumo locale si rafforzano i legami sociali e l’identità della comunità attorno a buone pratiche.
Sono 12.400 i padovani residenti all'estero, persone che erano residenti in città e hanno scelto di trasferirsi, armi e bagagli, in un altro Paese chiedendo il cambio di residenza anagrafica. E per fine anno potrebbero essere ventimila. Nel 2011 per la prima volta si è fatto un conteggio sugli "ex residenti" nel nostro Comune: erano 8.700. Nel 2012 i padovani trasferiti all'estero sono lievitati fino a 12.400. E questo senza contare i padovani all’estero per motivi di studio o coloro che vanno all’estero per lavoro lasciando la famiglia e la residenza in città. Un esodo che potrebbe arrivare a ventimila persone alla fine del 2013. I dati sono rilevati dall'Ufficio di stato civile che fa capo all'assessore alle Politiche demografiche del Comune.
Sono numeri enormi e clamorosi che certificano come Padova è oggi di fatto una città da cui si emigra per andare all’estero. Perché non tutti lo fanno per scelta, molti -soprattutto giovani- lo fanno per necessità, per trovare un lavoro e costruirsi un futuro.
Molti degli emigrati sono persone ad alta qualifica - creativi, manager, ricercatori, professori universitari, avvocati, esperti nelle nuove tecnologie - e costituiscono una perdita pesante per la città in termini di competenze, energie e capacità che vengono a mancare al nostro tessuto produttivo, sociale e culturale. Senza queste figure diventa molto più difficile immaginare una città moderna, europea, innovativa, creativa e positiva verso il futuro.
L’Amministrazione deve farsi carico di questo fenomeno che potrebbe essere destinato a durare e che costituisce di fatto una perdita netta per la città.
Proposte- Costituzione di uno sportello dove far incontrare gli emigrati, i giovani e i ‘cervelli’ che vogliono tornare a Padova con le aziende, l’Università, l’Azienda ospedaliera, e tutti i soggetti interessati ad assumerli o a coinvolgerli in attività lavorative o professionali a Padova.
- Il punto di incontro servirà anche alle aziende padovane che cercando personale per la promozione dell’export nei diversi paesi del mondo. Il fatto di mantenere un legame tra i padovani emigrati, le aziende e le realtà del territorio, può rendere più facile il ritorno a casa da parte chi lo vorrà.
Benefici- Aiuto ai nostri (ex) concittadini in sofferenza perché costretti ad emigrare dalla crisi e dalla mancanza di lavoro.
- Occasione per le aziende di poter reclutare persone motivate e in grado di portare con sé le esperienze e competenze acquisite all’estero.
- Creazione di una rete tra imprese locali e padovani nel mondo che facilita l’azione di promozione e commerciale dei prodotti del territorio.