PADOVA2020 invita a votare SI al referendum del 17 aprile, per un nuovo modello di sviluppo

L’idea fondante di Padova2020 è stata la necessità di una transizione verso un nuovo modello di sviluppo. I limiti di questo modello di sviluppo, basato sulla crescita dei consumi all’infinito in un mondo di risorse finite, sono da tempo visibili. L’economia basata sulle fonti energetiche fossili ha fatto il suo tempo, ha portato benefici alla qualità della vita, ma ce li farà pagare a caro prezzo con le conseguenze derivanti dai cambiamenti climatici legati alla continua immissione in atmosfera di CO2 (anidride carbonica) ed il conseguente effetto serra.

Le modifiche apportare nel 2010 al testo unico ambiente, prevedevano la tutela della fascia di mare entro le 12 miglia (ritenuta più a rischio) da nuove estrazioni di idrocarburi, fatti salvi i diritti acquisiti. L’attuale Governo, nel 2015, ha inteso prolungare le concessioni ivi esistenti fino a fine vita utile del giacimento. Da una prima lettura si potrebbe dire: che c’è di male a voler sfruttare tutti i giacimenti? Fatto salvo il ragionamento per cui prima si esce dall’economia del petrolio e meglio sarà in termini di effetti legati ai cambiamenti climatici per le generazioni future, la concessione a vita nasconde qualche insidia. Va precisato che le piattaforme entro le 12 miglia coprono meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e circa il 3% di quello di metano. Con il prezzo del petrolio a 40 $ al barile, estrarre dai giacimenti nel Mediterraneo non conviene, mentre è più vantaggioso comprare petrolio e gas dai Paesi esteri in cui è più facile estrarre; il Mediterraneo infatti possiede piccoli giacimenti e le condizioni di estrazione sono più onerose. L’aver dato una concessione “a vita” alle piattaforme, significa per ENI e le altre compagnie petrolifere poter estrarre al minimo del rapporto costi di gestione/benefici in attesa di tempi migliori, senza la fretta di dover estrarre prima che la concessione scada.

Questo, da un lato consente di estrarre al di sotto della franchigia, per cui non sono dovute royalties allo Stato, dall’altro consente alle compagnie petrolifere di non mettersi mai nelle condizioni di dover dichiarare esaurito il giacimento ed evitare quindi la dismissione della piattaforma, i cui costi si attestano su parecchie decine di milioni di euro. Piattaforme più o meno abbandonate e pozzi di estrazione non chiusi a norma potranno comportare nel tempo il rischio di inquinamento, che in un mare poco profondo come l’Adriatico significherebbe un disastro ambientale difficilmente recuperabile. Perché un Ente dovrebbe concedere a vita la possibilità di sfruttare un bene demaniale senza poter esercitare nessun controllo in termini di ritorno di pubblica utilità, mantenendo la possibilità di rinnovare o meno la concessione? La questione suona come un favore alla lobby del petrolio, per tamponare un momento in cui il mercato è volutamente tenuto basso da parte dei Paesi maggiori produttori. Ma qual è il rischio che la collettività si sta accollando? Non condividiamo la scelta di agevolare alcune aziende che, in 40 anni almeno di concessione, avranno ampiamente recuperato l’investimento fatto, a fronte di uno scarica barile alla collettività in termini di rischi ambientali (ed economici) e costi di dismissione. L’energia più pulita è quella non consumata; per questo è necessario investire sull’efficienza energetica del settore industriale e dell’edilizia, con il beneficio di renderci meno dipendenti da Paesi esteri e produrre meno CO2. È necessario investire sullo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili che già oggi coprono circa il 40% del fabbisogno nazionale.

Dobbiamo, in una frase, continuare a fare quello che abbiamo fatto benissimo in questi dieci ultimi anni: diminuire del 20% l'uso di gas e sostituirlo con risparmio e rinnovabili. Comunque una eventuale vittoria del SI al referendum non porterà alla chiusura immediata della ventina di piattaforme di estrazione di idrocarburi presenti entro le 12 miglia dalla costa, (che resteranno attive fino a scadenza della concessione, e con esse i relativi posti di lavoro), ma sarà il segnale di un indirizzo politico che dovrà arrivare al Governo affinché si orienti ad una più decisa strategia energetica fatta di efficienza energetica e sviluppo di tutte le fonti rinnovabili. 

L’invito di Padova2020 è quindi quello di informarsi, per sopperire la scarsa informazione fornita dai media ufficiali, e di andare a votare SI al referendum del 17 aprile.  Libertà è partecipazione.

Devis Casetta (Biologo ambientale) – Padova2020

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