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Giugno 2016

Siamo un gruppo di cittadini e abbiamo deciso di proporre un acquisto collettivo di parte del terreno situato in quartiere Sacro Cuore, lungo la ferrovia; uno dei pochi terreni agricoli rimasti nel territorio comunale. Temiamo infatti che, con la sua vendita, il terreno diventi oggetto dell’ennesima operazione speculativa e venga edificato. Il nostro scopo principale è invece che esso conservi la sua attuale vocazione, visto che, come noto, la nostra città non ha certo bisogno di nuovi immobili e che, al contrario, è sempre più vitale conservare i pochi territori non cementificati che rimangono.

Il progetto PACTA si propone, in primo luogo, di preservare il terreno nella sua dimensione agricola, sottraendolo alle logiche dominanti, che privilegiano la speculazione edilizia causando l’inarrestabile riduzione del territorio destinato all’agricoltura e, comunque, libero da cementificazione. Il progetto mira in primo luogo a conservare la dimensione agricola del terreno, ma vuole essere anche un segnale forte della comunità contro il consumo di suolo. Quale strumento essenziale per raggiungere lo scopo di cui sopra, i partecipanti al progetto PACTA si vincolano a:

· mantenere il terreno a destinazione agricola
· non chiederne il cambio di destinazione
· non edificarlo, se non nei limiti in cui ciò sia richiesto per il migliore svolgimento delle attività che si intende realizzare (meglio specificate nei punti che seguono) e comunque senza finalità di guadagno
· non alienarlo, ove ciò comporti, anche in via remota ed anche indirettamente, la possibilità che il terreno venga distolto dalla sua vocazione agricola.

Il progetto PACTA, nell’ambito della finalità di cui sopra, si propone di realizzare sul terreno attività agricole improntate al canone del rispetto, per l’ambiente, per la salute umana, nonché per la dignità dei lavoratori e del lavoro.
L’attività agricola sarà finalizzata alla produzione di cibo destinato al consumo umano ed il progetto si propone di distribuire quanto raccolto, indipendentemente dalle forme di scambio che saranno di volta in volta privilegiate, attraverso una filiera corta che privilegi il rapporto quanto più possibile diretto tra produttore e consumatore.

Allo scopo di favorire l’attività agricola e di diffondere la conoscenza della stessa nonché contribuire ad un rapporto più diretto tra le persone e la realtà agricola, il progetto si propone inoltre di rendere il terreno uno spazio di aggregazione sociale, dove realizzare iniziative di convivialità edeventi culturali finalizzati ad approfondire tematiche legate all’agricoltura, al consumo di suolo, alla filiera corta nella produzione del cibo e altre comunque connesse all’attività agricola svolta. 
Nel concreto abbiamo pensato a tre diverse tipologie di progetto ed entro settembre 2016 vorremmo capire quale tipologia di progetto abbia maggiori possibilità di poter partire, per questo chiediamo di compilare il questionario e di farlo compilare al maggior numero di persone che sai che possono essere interessate al progetto. Per compilare il questionario potete cliccare qui.


PROGETTO A – un gruppo di persone che acquista un terreno per coltivarlo in proprio e beneficiare di un’esperienza a contatto con la terra oltre che dei prodotti della coltivazione Forma giuridica proposta: cooperativa di consumo.
Attività: i soci acquistano il terreno, e poi lo coltivano da sé, dividendosi l’appezzamento in orti.
Una parte del terreno può essere dedicata a colture da gestire tutti insieme (es. frutteto). E’ fondamentale (rispetto alla forma giuridica adottata) che a coltivare la terra siano le stesse persone che la acquistano; non è possibile affittare gli orti ad estranei.
Quanto alle attività sociali, esse si rivolgono, unicamente o quasi, ai soci della cooperativa e alle loro famiglie.
Costi: il costo per l’acquisto del terreno va sopportato dai soci, così come quello dei primi lavori (es. scavo del pozzo), ma i costi di gestione sono limitati. Infatti non è previsto apporto esterno per la coltivazione (salvo lavori particolari ad es. se è necessario l’intervento di macchine) e tutti i lavori, incluse piccole riparazioni alle strutture ecc., vengono svolti dai soci. Sono quindi da sostenere i costi fissi (rinnovo iscrizione camera di commercio, commercialista e simili). Questi costi vengono sostenuti dai soci direttamente. Una piccola struttura prefabbricata con bagni, acqua e ricovero attrezzi è utile ma non necessaria. Non essendoci una finalità di guadagno non c’è una
dimensione minima del terreno da acquistare. Il progetto potrebbe partire se vengono raccolti almeno 100'000 euro.
Questo progetto, visti i bassi investimenti, può prevedere l’opzione di affitto con riscatto. Questo può servire per fare un periodo di test di 3/5 anni e poi decidere se continuare con questo progetto acquistando il terreno, se interromperlo o se passare ad altro progetto.

Idoneità dell’attività a generare reddito: tendenzialmente da escludere. E’ tuttavia possibile ipotizzare la vendita di parte del prodotto a soggetti non soci della cooperativa (deve trattarsi però di una parte inferiore al 50%), il che tuttavia presuppone che i soci abbiano abbastanza tempo ed esperienza di coltivazione da generare prodotti sufficienti per loro e anche per avere un sur plus da vendere. Il denaro ricavato potrebbe coprire i costi di manutenzione, gestione, acquisto sementi e orticole e simili; non è prevista la generazione di reddito a favore di un lavoratore.

Spirito del progetto: questo progetto presuppone che le persone che vi partecipano siano interessate a una esperienza molto coinvolgente sul piano personale, sotto due profili: quello del rapporto con la terra (ognuno ha la responsabilità del suo orto e in più delle parti coltivate in comune, quindi va preventivata una frequentazione assidua, verosimilmente quotidiana in estate) e quello del rapporto con gli altri soci della cooperativa, con cui in prospettiva si costruirà una comunità con cui condividere esperienze con la terra e non (anche feste nell’orto, grigliate, tempo insieme con i bambini, ecc.).

Turnover: limitato. Tendenzialmente chi partecipa a questo progetto vi rimane per lungo tempo; l’ingresso di nuovi soggetti, possibile sul piano giuridico, sarà tendenzialmente limitato dall’impegno personale richiesto e dal fatto che gli stessi soci potrebbero voler evitare troppi ingressi di persone nuove, visto il carattere di esperienza comunitaria forte del progetto. 

Modelli già esistenti: non ne abbiamo, ma questo si spiega col fatto che si tratta di progetti
“introversi” che tendono a non pubblicizzarsi.
Possibilità di richiedere contributi comunitari, regionali o di altro tipo: tendenzialmente no

PROGETTO B – una cooperativa con lo scopo di rendere possibile lo svolgimento di attività agricola in città, secondo canoni etici

Forma: cooperativa agricola (attenzione, a tal fine è necessario che presidente o membro del c.d.a. della cooperativa sia un imprenditore agricolo professionale che deve ricavare dalla coltivazione più del 50% del suo reddito).

Attività: la cooperativa acquista il terreno mediante il contributo dei soci. La coltivazione della terra viene svolta da un soggetto appositamente retribuito (lo IAP), che ne trae un reddito. I prodotti vengono venduti: per il 50% + 1 ai soci della cooperativa, per il resto, eventualmente, anche ai non soci. Si può ipotizzare anche che una parte del terreno venga divisa in orti e affidata ai soci o ad esterni, ma questa attività deve necessariamente essere marginale tanto dal punto di vista del terreno impiegato (la maggior parte deve essere lasciata allo IAP per la coltivazione) tanto da quello dell’eventuale guadagno generato (meno del 10%); questo rende più interessante gestire gli orti dando parte del terreno in comodato gratuito a una associazione non riconosciuta che curi l’affitto
degli orti. Si può ipotizzare in via saltuaria una partecipazione dei soci alle attività agricole, sotto la guida di esperti e in momenti molto ben individuati (es.: trapianto orticole al cambio di stagione). 
C’è spazio per attività sociali, rivolte anche ai non soci, che dovranno essere gestite non dalla cooperativa ma da una associazione non riconosciuta. L’attività sociale si rivolge anche all’esterno, specialmente per la promozione della conoscenza delle attività agricole e del rapporto con la terra.
In questo progetto è necessaria una struttura di 50-100mq (anche prefabbricato) con bagni, ricovero attrezzi, piano cottura, sala per piccoli incontri e eventuale trasformazione dei prodotti grezzi per la vendita (fare vasetti di marmellata, sale alle erbe,...)

Costi: i soci sostengono il costo per l’acquisto del terreno e per i primi lavori di sistemazione. I costi di gestione sono rilevanti, perché vi è incluso un reddito. E’ fondamentale in questo progetto che l’attività di coltivazione sia una attività economica idonea a generare guadagni sufficienti a garantire la copertura di tutti i costi. I soci non devono essere chiamati a sopperire con denaro proprio. Indicativamente i costi annui (“stipendio” del lavoratore, costi di gestione della cooperativa,…) sono di almeno 20'000 euro. L’avvio del progetto richiederà una raccolta di 200'000
euro e probabilmente (una stima migliore la si potrà avere una volta scelti alcuni dettagli importanti del progetti)sarebbe meglio riuscire a raccogliere 250’000-300'000 euro.
Idoneità dell’attività a generare reddito: fondamentale, vedi sopra. Serve un business plan.

Spirito del progetto: chi contribuisce a questo progetto vuole generare qualcosa di positivo i cui effetti non ricadono primariamente su di lui, ma: sul coltivatore che lavorerà la terra; sulla comunità, come esempio di aggregazione sociale costruttivo; sulle persone che potranno acquistare prodotti della terra (soci o meno). E’ un progetto che vuole esprimersi all’esterno ed essere se possibile replicato da altri.

Turnover: possibile. Il socio della cooperativa è chi mette il denaro per l’acquisto, ma sceglie lui se partecipare attivamente o meno alle attività sociali o ai momenti collettivi sulla terra; il suo apporto non è assolutamente necessario, quindi è relativamente indifferente la sua identità. 
Modelli già esistenti: Arvaia a Bologna, Cavin de Confin.

Possibilità di richiedere contributi comunitari, regionali o di altro tipo: sì.

PROGETTO C – una comunità agricola – sociale punto di riferimento per il quartiere / per la città

Forma giuridica: è verosimile che serva la costituzione di più soggetti. L’attività agricola potrebbe essere svolta da una cooperativa sociale, il cui scopo primario è l’aiuto alle persone svantaggiate, e non lo svolgimento di attività agricola. Questa attività potrebbe non ridursi alla coltivazione ma prevedere anche l’allevamento di animali. La cooperativa sociale potrebbe gestire altre attività a favore di soggetti svantaggiati. Senza dubbio sarà utile una associazione non riconosciuta che gestisca attività più “informali”, come ad esempio corsi di formazione rivolti a terzi.

Attività: attività di coltivazione e/o di allevamento rivolta in via principale alla crescita personale di persone svantaggiate. Altre attività rivolte a persone svantaggiate, che si tratti degli stessi individui o meno. Corsi di formazione dei tipi più vari, rivolti al recupero di un rapporto consapevole con la terra. Altre attività sociali.

Costi: estremamente elevati (sicuramente oltre 500'000 euro, probabilmente nell’ordine di grandezza di 1'000'000 di euro), sia per l’avvio delle attività che per la loro gestione. L’avvio delle attività presuppone non solo l’acquisto del terreno, ma anche la disponibilità di immobili. La gestione dell’attività agricola rende necessaria la costante presenza di operatori formati per seguire le persone svantaggiate. Ognuna delle attività sviluppate deve avere un suo budget separato. E’ fondamentale che le attività si auto sostengano sul piano economico, eventualmente, se
giuridicamente possibile, con spostamenti di denaro dalle une alle altre (es.: i corsi di formazione possono aiutare a sostenere l’attività agricola?).

Idoneità dell’attività a generare reddito: fondamentale, vedi sopra. Servono diversi business plan, uno per ogni tipo di progetto.

Spirito del progetto: chi contribuisce a questo progetto entra in un percorso personale e professionale a tutto tondo. Vuole generare qualcosa di positivo i cui effetti non ricadono primariamente su di lui, ma: sulle persone svantaggiate, sulla comunità di quartiere /città cui vengono offerti vari servizi. Si aspira a creare un centro alternativo. E’ verosimile che una diversa forma di contributo sia semplicemente quella di partecipare all’acquisto del terreno e degli immobili, che poi potrebbero rimanere di proprietà della cooperativa sociale.

Turnover: possibile, quanto ai finanziatori. Questo progetto però necessita anche di persone che si
impegnino a portare avanti le molte e complesse attività ipotizzate; è da capire se questi sarebbero o
meno soci della cooperativa, per queste persone il turnover è tendenzialmente escluso.

Modelli già esistenti: Caresà?

Possibilità di richiedere contributi comunitari, regionali o di altro tipo: sì.

Ringraziamo per la lettura e ricordiamo che per compilare il questionario potete cliccare qui.

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