E’ difficile fare i conti con la complessità del mondo. Tutto è interconnesso e le contraddizioni sono infinite, prima fra tutte quella che vede il perpetuarsi del paradigma della crescita economica infinita a fronte di uno stock di risorse finite. Quindi, quando si ha la possibilità di incontrare qualcuno che prova, con autorevolezza, a districare la matassa, non si può che prendere posto ed ascoltare quello che ha da dire.
Quello che colpisce della lectio magistralis del prof. Frjtiof Capra (dal titolo "La rete della vita, sostenibilità, crescita qualitativa, pensiero sistemico") ascoltata lo scorso 15 ottobre al Centro San Gaetano di Padova, è il buon senso di cui sembra pervasa. Niente di più e niente di meno.
Anche il fatto che nel ragionamento del prof. Capra (ma non nei suoi libri) siano assenti dati, tabelle, equazioni o grafici è una cosa che colpisce. E’ pur sempre un luminare della fisica.
Il suo discorso ci convince dalla prima all’ultima parola. Dall’esposizione del concetto di crescita qualitativa (in opposizione a quella quantitativa) all’invocazione di una bussola etica che dovrebbe orientare le scelte economiche e politiche degli attori responsabili della governance mondiale.
‘La carenza di saggezza sistemica è sempre punita’ scriveva Gregory Bateson, un altro pioniere della cultura ecologica, e questo approccio si ritrova anche in Fritjof Capra che insegna ai suoi studenti ad affrontare i fenomeni nella loro complessità e multidimensionalità. Tale approccio significa, ad esempio, in campo economico, cercare di includere quanto più possibile le esternalità negative nei costi di produzione dei beni, assegnando un valore economico negativo ad ogni fattore inquinante.
Importante, inoltre, sottolinea Capra, individuare e considerare le connessioni che danno vita alle reti (biologiche, sociali, virtuali, etc.) che rappresentano, oltre ad una modellizzazione per comprendere i fenomeni, anche la via con cui la natura e gli ecosistemi sostengono se stessi, ovvero si mantengono in un equilibrio dinamico, vivente.
Fa effetto pensare, allora, che se anche fosse stata innata questa tendenza all’equilibrio, l’uomo oggi l’ha completamente persa di vista. Nel nostro mondo tutto diverge: gli stock ittici nei mari sono esigui, che si fa? si intensifica la pesca; c’è troppa miseria e il divario tra ricchi e poveri aumenta (tra stati e all’interno dello stesso stato), che si fa? Si creano paradisi fiscali per permettere ai super-ricchi di accumulare capitali esentasse; dovremmo tenere sotto controllo l’emissione di CO2, che si fa? Si introducono incentivi per l’acquisto di auto.
Ma, allora, come se ne esce? Perché l’1% della popolazione, quella che detiene i capitali e il controllo dei mercati finanziari, ha il diritto di fare le regole sempre a proprio vantaggio? I movimenti di Occupy Wall Street, le rivolte nei paesi arabi, le manifestazioni in Brasile o in Islanda, hanno la capacità di incidere sulla realtà, per cambiare le cose? E’ possibile inserire il tema della crescita qualitativa e sostenibile, e quello della finanza etica nell’agenda dei grandi della Terra?
Capra in merito afferma due cose: in venticinque anni di studi, di incontri e di convegni su questi temi ha suscitato l’interesse di pochissimi politici (a parte l’ex presidente Lula che l’ha coinvolto in alcuni progetti in Brasile); la sua speranza è che il cambiamento possa avvenire dal basso, da reti sociali che si formino spontaneamente intorno a temi e istanze sentite come necessarie.
A tendere le orecchie, qualcosa si avverte su questo fronte. Anche a Padova.
Alessandro Scotti