"Ritengo che l'assessore Stefano Grigoletto, dopo il rinvio a giudizio che lo ha coinvolto, debba fare un passo indietro e dare le dimissioni. Auguro all'assessore di poter uscire innocente dal processo che lo attende, ma nello stesso tempo l'assessore ha il dovere di lasciare il Comune di Padova fuori da ogni controversia giudiziaria.
Ricordo che Grigoletto non è una figura secondaria nella Giunta Bitonci: come 'peso' delle deleghe dopo il Sindaco è certamente il più importante.
Si sapeva da mesi di questa inchiesta e non capisco con quale lungimiranza Bitonci abbia voluto lo stesso procedere con questa nomina.
Rappresentare una città significa infatti, e soprattutto, avere a cuore la sua reputazione". Lo afferma, in una nota, Francesco Fiore, capogruppo di Padova2020 in Consiglio Comunale.
Francesco Fiore lancia un appello per richiamare l’attenzione degli addetti ai lavori sulle restrizioni al diritto di cronaca recentemente adottate dal Consiglio Comunale di Padova. Ridurre gli spazi di informazione e partecipazione è un sintomo di debolezza e rappresenta un precedente preoccupante e stravagante se si pensa che a farsene promotore è stato un sindaco che spesso parla di trasparenza nell'amministrazione pubblica e che nel suo discorso di insediamento ha tenuto a dire di voler essere il "sindaco di tutti".
Tale missiva è stata inviata ai direttori delle principali testate giornalistiche locali, all'Ordine dei Giornalisti del Veneto, al sindacato dei giornalisti del VEneto e all'Assostampa Padova.
Egregi Signori, mi preme mettervi al corrente che ho assistito personalmente, lunedì scorso 20 ottobre, prima della seduta del Consiglio comunale di Padova, all’inqualificabile vicenda che ha di fatto estromesso una vostra collega dalla sala del consiglio, le cui sedute sono peraltro pubbliche per ogni normale cittadino.
Dina Lauricella di “Servizio Pubblico” aveva già ottenuto l'accredito (concessole dai funzionari comunali preposti benché fosse stato richiesto con 2 ore di ritardo, immagino per il fatto che la giornalista, venendo da fuori, non poteva sapere delle nuove regole diramate appena due giorni lavorativi prima, e cioè giovedì 16 ottobre) ciononostante l’accesso le viene negato per decisione diretta e unilaterale del Sindaco e le viene ritirato l'accredito.
Questa prevaricazione “ad personam” si inserisce perfettamente nel “nuovo corso” inaugurato con l’obbligo stabilito dal Presidente del Consiglio Roberto Marcato per la prima volta a Padova (e forse in Italia?) dell’accredito stampa per entrare in una sala di un Consiglio comunale. Che dire poi del “cordone di sicurezza” adottato per recintare l’area riservata ai giornalisti?
L’Assostampa Padova tempestivamente è intervenuta con una formale richiesta di ritiro del provvedimento. Potrei sbagliarmi, ma mi pare sia rimasta una voce isolata, dal punto di vista degli atti formali.
La questione, a mio giudizio, merita ben altra e maggiore attenzione, e non può ritenersi liquidata appellandosi al mero formalismo del “rispetto delle regole”. In un momento di crisi come questo infatti, in cui talvolta vengono meno o si avvertono i rischi di crepe nel sistema democratico, io credo che attacchi come questi alla libertà di stampa dovrebbero essere maggiormente portati all'attenzione dell'opinione pubblica, e la loro legittimità dovrebbe essere verificata puntualmente nelle sedi opportune.
Credo che una presa di posizione da parte dell’Ordine dei Giornalisti sia più che giustificato. E anche un atto dimostrativo da parte degli stessi giornalisti, durante la prossima seduta del Consiglio comunale, mi vedrebbe totalmente a favore.
Vi chiedo pertanto, se lo desiderate, di segnalarmi eventuali iniziative che intendete intraprendere. E se fosse opportuno (solo in questo caso) il gruppo consiliare di Padova2020 non esiterebbe a sostenere ogni iniziativa che vada nel senso qui sopra auspicato.
Colgo l'occasione per porgervi i miei più distinti saluti.
Francesco Fiore, Capogruppo Padova 2020
Padova, 23 ottobre 2014
La denuncia di Sergio Lironi apparsa ieri su Ecopolis e il commento di Francesco Fiore, dopo aver partecipato insieme per Padova2020 martedì scorso alla commissione urbanistica del comune.
Sergio Lironi, Presidente onorario Legambiente Padova:
“Ad esaminare la Relazione geologica e la “Carta delle Fragilità” allegate al Piano di Assetto Territoriale (PAT) di Padova, non vi è in tutto il territorio comunale sito meno idoneo all’edificazione di quello attualmente individuato dalla Giunta Comunale per la costruzione del nuovo ospedale. Diverse aree del nostro territorio sono segnalate a rischio idrogeologico: aree nelle quali eventuali nuovi interventi vengono condizionati alla realizzazione di opere di bonifica e di messa in sicurezza ed al principio dell’invarianza idraulica. Nel caso però delle aree di via Corrado –caso quasi unico in tutto il Comune– le indicazioni del PAT sono tassative. La Carta delle Fragilità le classifica come del tutto non idonee all’edificazione e l’articolo 7.3 delle Norme Tecniche stabilisce che in dette aree “…non sono ammesse nuove edificazioni”, mentre è consentita solo “…la realizzazione di infrastrutture pubbliche, interventi di manutenzione e ristrutturazione degli edifici esistenti comunque finalizzati alla riduzione dell’impatto geologico e idraulico”.
C’è da chiederci come detta prescrizione sia sfuggita all’esame di chi ha avanzato la nuova proposta di localizzazione dell’ospedale o del perché non ne sia stato fatto cenno nella relazione tenuta dal Sindaco Massimo Bitonci alla Commissione urbanistica di martedì 14 ottobre. L’impressione è che la fretta, dettata dalla necessità di fornire comunque una risposta alle scadenze imposte dalla Regione, sia stata anche in questo caso una cattiva consigliera.
Le ragioni portate a giustificazione della scelta del sito sono state sostanzialmente due. La prima riguarda la relativa vicinanza dell’area (destinata alle cliniche universitarie ed al campus della didattica e della ricerca medica) al vecchio polo sanitario e quindi anche alla rete dei servizi e delle attrezzature diffuse in tutto il contesto urbano circostante. La seconda è relativa alla proprietà pubblica delle aree in oggetto: per un 50 per cento del Comune e per l’altro 50 per cento dell’Università. Si tratta di due argomenti di indubbia rilevanza, ma non per questo risolutivi. Anche perché, pur prossime in linea d’aria, le due aree del nuovo e del vecchio ospedale non godono affatto di facili collegamenti.
Ma al di là di questo riteniamo che per giungere ad una scelta localizzativa appropriata vada considerata una ben più ampia ed articolata gamma di fattori, anche alla luce dei dieci punti definiti nel 2002 dall’allora Ministro Umberto Veronesi e dall’architetto Renzo Piano per una nuova concezione degli ospedali e dell’assistenza sanitaria. Un ospedale moderno non può essere considerato semplicemente come una “fabbrica della salute”, dotata esclusivamente di una propria razionalità funzionale ed indifferente ai luoghi in cui si colloca. Fondamentali sono la sua dimensione umana, la vivibilità degli spazi, le relazioni anche visive con l’ambiente ed il paesaggio che lo circonda, l’integrazione con il territorio e la città. Un nuovo ospedale aperto alla città può essere l’occasione per rigenerare parti importanti dell’organismo urbano. La scelta localizzativa deve dunque derivare da una visione strategica del futuro della nostra città, da una approfondita riflessione sulle problematiche e sulle trasformazioni urbane prevedibilmente indotte. Ed anche l’elaborazione del progetto architettonico dell’ospedale non può essere considerato un aspetto secondario della questione, delegandone in toto le competenze alla Regione o, ancor peggio, ad una società finanziaria operante in project financing. Come avviene in altre città europee, è auspicabile che venga quanto prima indetto un bando internazionale di progettazione, ma soprattutto la città deve poterne discutere sia da un punto di vista contenutistico e funzionale, sia anche da un punto di vista estetico.”
Francesco Fiore commenta:
"Dopo aver ascoltato il Sindaco in commissione martedì le mie perplessità sull'ospedale in via Corrado sono aumentate, questo è quello che succede quando si valutano progetti così complessi in fretta, nelle segrete stanze, e senza mettere attorno a un tavolo le competenze necessarie. Serve una commissione tecnica al più presto che valuti in maniera oggettiva tutti pro e contro di ogni opzione (incluso il nuovo su vecchio che al momento mi sembra ancora la soluzione più ragionevole) per dare alla politica gli elementi necessari alla decisione, elementi che oggi mancano o sono molto ap-prossimativi"
La discussione sul nuovo ospedale di Padova si è impantanata nell'assioma “ospedale si - ospedale no”, concentrando tutta la querelle su considerazioni di tipo edilizio o tutt'al più urbanistico.
Ricordiamo che si sta parlando di struttura ospedaliera, elemento che implica una preventiva programmazione delle attività sanitarie, sia per quanto riguarda gli aspetti funzionali che per ciò che concerne le necessità del territorio nel quale si sviluppano.
Si ribadisce quindi il concetto che ridurre la discussione ai soli aspetti “edili” è limitativo poiché esula dalla corretta valutazione e programmazione delle finalità operative del nostro sistema sanitario.
A memoria storica si ricorda che il Policlinico di Padova, espressione preminente della Facoltà di Medicina, ha da secoli prodotto innovazione e ricerca a livello mondiale grazie all'afferenza di tutte le discipline universitarie, assicurando convergenze e sinergie, rivoluzionando la diagnostica e la terapeutica; emblematici gli studi di Fisica nucleare e di Elettronica applicata che hanno dato un contributo mondiale all'evoluzione della diagnostica, tanto che oggi è universalmente riconosciuto il contributo fondamentale del nostro Ateneo.
La Biologia nelle sue articolazioni, la Chimica Biologica ed Organica, l'Anatomia Patologica, la Virologia, la Farmaceutica (per citarne solo alcune) sono pietre angolari delle Scienze Mediche Applicate, trovando nel Policlinico padovano un'indispensabile punto d'arrivo nell'approccio di molte sindromi patologiche tuttora sconosciute.
1 - E' quindi conseguente la valutazione che mai si debba interrompere la rete teorico scientifica che contribuisce all'innovazione diagnostica e terapeutica messa in essere nel Policlinico di Padova; quindi, anche da un punto di vista logistico-spaziale, il Policlinico dovrà trovarsi al centro dei “vettori della conoscenza”, sviluppati dalla ricerca padovana in toto.
Porre Policlinico ed Azienda Ospedaliera al di fuori di questo baricentro funzionale significa commettere un errore capitale; e non solo, pretendere di considerare il sistema ospedaliero padovano al pari di un qualsiasi altro stabilimento ospedaliero territoriale significa causare grave danno alla scuola medica padovana ed al prestigio che essa ha nel mondo.
2 -Altro aspetto fondamentale (che non vediamo citato e discusso) è la distribuzione spaziale delle attività sanitarie all'interno della Città. Se, a panoramica, si volesse evidenziare la collocazione delle tre aziende sanitarie, ci si accorgerebbe in maniera macroscopica che, nel raggio di trecento metri, insistono TRE AZIENDE SANITARIE ed i loro rispettivi ospedali: Ospedale Sant'Antonio, Azienda Ospedaliera, IOV, con servizi diagnostici decuplicati, mai razionalizzati e compendiati, che sono causa di una grave patologia organizzativa, con conseguente dispersione finanziaria “a colabrodo” in decine di unità operative equipollenti.
Nuovo Ospedale è -ante litteram- la nuova organizzazione delle attività ospedaliere all'interno della Città e non già l'edificazione di una nuova struttura ultramiliardaria allocata in aree fantasiose ed inaccessibili.
3 - Il terzo ma non ultimo aspetto deriva da cecità ed insipienza; a tutt'oggi manca un'aggiornata programmazione urbanistica volta al recupero e riqualificazione delle aree: Ex Macello e relativa superficie boschiva, ex Istituto Zooprofilattico con aree annesse, area verde collegata alle Mura, area ex Gasometro. Stiamo considerando l'area, di decine di ettari, nel centro strategico della Città, oggi in un insopportabile stato di degrado urbanistico.
Ci sembra quindi opportuno proporre (nel piano di assetto territoriale e nel piano degli interventi urbanistici) la riqualificazione di questa intera area vicino ai complessi ospedalieri, finalizzandola alla necessaria espansione delle attività scientifico sanitarie multidisciplinari, che rappresentano il logico sviluppo della terapeutica padovana nel contesto della ricerca e dell'innovazione.
Dare spazio alle attività sanitarie in quelle aree equivale a ricollocare Padova, storica capitale della Medicina, al centro della programmazione socio sanitaria nazionale ed europea.
dott.ssa Beatrice Dalla Barba – consigliere comunale Padova2020
dott. Paolo Paolucci – Direttore COV
Il COV
Nato ad aprile di quest’anno a Padova per avvicinare la cittadinanza alla sanità, il Centro di osservazione e valutazione dei servizi sanitari e socio sanitari (Cov) ha l’obbiettivo di raccogliere indicazioni, proposte e reclami in merito alle prestazioni erogate dal servizio socio sanitario pubblico. L’associazione è composta da medici, operatori sanitari e cittadini.
«Stiamo spendendo i soldi dei cittadini per un sistema socio sanitario che in questi anni si è allontanato dalla popolazione e dai suoi bisogni -spiega il portavoce Paolo. Riconosciamo il cittadino come primo soggetto in grado di dare la pagella a chi lo sta amministrando. Pensiamo ad un nuovo rapporto con i sindaci e le dirigenze. Daremo dieci e lode a tutte quelle strutture che hanno dimostrato efficienza e quattro meno a quelle che disperdono denaro e risorse pubbliche».
Le valutazioni si basano sulle dettagliate schede di valutazione predisposte secondo i parametri indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e compilate dagli aderenti all’associazione.
Francesco Fiore, consigliere di Padova2020, così commenta il “Regolamento di Polizia Urbana” che il Sindaco Massimo Bitonci e l’assessore Maurizio Saia porteranno in Consiglio comunale per l’approvazione: "Mi sa che il Sindaco Bitonci è come i ‘soliti politici’ che quando sono incapaci di far rispettare regole e leggi (quella sì sarebbe la vera svolta sicurezza!), per dare l’idea di fare qualcosa ne inventano di nuove. Con l’aggravante che questa volta le si vuole fare anche sulle spalle dei più deboli, come i poveri che chiedono l’elemosina.
E mentre i crimini, quelli veri, in città continuano come e più di prima (solo questa mattina sui giornali una spaccata a Forcellini e un furto in villa a Palestro) a Padova non si parla più di SICUREZZA ma di DEGRADO, parolina magica usata furbescamente per confondere i tantissimi padovani che si aspettano giustamente risposte concrete.
Vorrei quindi chiedere al Sindaco: ma sulla sicurezza Lei si è già arreso dopo pochi mesi, per passare così presto al ‘Piano B’? In quanto ai nuovi ‘divieti’, in Padova 2020 li stiamo leggendo uno per uno e porteremo le nostre proposte in Consiglio ma è evidente che alcuni sono inutili (se non ridicoli), altri controproducenti, altri ancora incivili (primo tra tutti il divieto dell’elemosina in quanto tale).
Mi auguro e chiedo che la società civile padovana inizi a reagire rispetto all’immagine di città egoista che anche i giornali nazionali sempre più spesso riportano."